Sul rischio di longevità
Articolo di finanza personale sul perché risparmiamo (e quindi investiamo)
Cari lettori, questa settimana vi propongo una breve riflessione di pianificazione e finanza personale. Fatemi sapere cosa ne pensate e ricordatevi di condividerlo con chi potrebbe essere interessato.
Ipotesi del ciclo vitale
Nel 1985 Franco Modigliani è stato il primo e unico italiano a ricevere il premio Nobel per l’economia.
Importante studioso di mercati finanziari e di finanza aziendale, uno dei concetti per i quali è diventato famoso è l’ipotesi del ciclo vitale, una descrizione della relazione tra reddito, consumo e risparmio di un individuo nel corso della sua vita.
Quanto consumo e quanto risparmio di quello che guadagno?
L’ipotesi del ciclo di vita del risparmio prevede che gli individui massimizzano l’utilità dei propri consumi sull’arco dell’intera vita. L’intuizione di Modigliani sta nel fatto che i miei consumi di oggi dipendono non soltanto dal reddito odierno ma dal reddito che avrò durante tutta la vita. La tendenza degli individui è quindi quella di stabilizzare le spese attorno ad una costante per poter spostare una parte del reddito da un momento all’altro della vita. Si accumula ricchezza nella fase lavorativa della vita per destinarla alla fase della vita priva di reddito da lavoro, mantenendo invariato il livello dei propri consumi.
Questa è la ragione per la quale la maggior parte delle persone risparmia. Accantonare parte del reddito in età lavorativa e trasferirlo nel tempo al fine di mantenere capacità di spesa nel periodo di inattività lavorativa.
Il modello è mostrato nel grafico e mostra le tre fasi della vita: gioventù, età lavorativa (fase di accumulo) e pensionamento (fase di decumulo).
Cosa succede se il mio reddito di vita intera è inferiore ai miei consumi di vita intera?
Qui si presenta il rischio di longevità, ovvero il rischio di terminare i risparmi prima del tempo. Per coprire questo rischio l’individuo può accumulare più capitale possibile durante il periodo lavorativo riducendo contemporaneamente il livello di spese al minimo; oppure può pianificare, in linea coi propri consumi, una rendita vitalizia, ossia un’entrata costante per tutta la durata della vita qualunque essa sia, attraverso sistemi pensionistici.
Questi sistemi, che possono essere a capitalizzazione o a ripartizione, non sono altro che trasferimenti di ricchezza mediante meccanismi assicurativi o patti sociali.
Il sistema a capitalizzazione utilizza la tecnica assicurativa del pooling, trasferendo ricchezza tra gli iscritti, per poter erogare rendite vitalizie.
Il sistema a ripartizione, invece, è la versione moderna del contratto familiare esistito nelle società agricole e in passato. Si sposta parte della ricchezza prodotta da chi lavora verso chi è inattivo. Nelle società attuali, il sistema è allargato a generazioni creando dei patti sociali intergenerazionali, è il caso del sistema pensionistico pubblico italiano ad esempio.
Fin qui probabilmente niente di nuovo, le solite cose relative all’importanza di pianificare la pensione. Ma è davvero tutto qui o c’è dell’altro?
Perché non avviene decumulo?
Questa è la domanda giusta
Nonostante l’ipotesi del ciclo vitale di Modigliani sia accettata, i dati che osserviamo sono ben diversi da come ci si aspetterebbe. Secondo il modello visto sopra, nella fase di vecchiaia gli individui dovrebbero decumulare (spendere!) i propri risparmi ma ciò non succede:
Mentre ciò che ci si aspetta e che sarebbe ottimale è:
L’accumulo continua per tutta la vita degli individui, che quindi non massimizzano l’utilità dei propri redditi come previsto da Modigliani. Perché non spendono tutti i soldi duramente guadagnati?
I motivi sono diversi. Vi è un problema strutturale per cui la spesa sociale verso le pensioni mantiene il reddito dei pensionati superiore ai loro consumi ma non solo. Il decumulo non avviene per il rischio di longevità - quindi un rischio che come visto può essere gestito con fondi pensione, assicurazioni o sistemi di welfare statali - e per il desiderio di lasciare un’eredità.
Cosa significa però venire a mancare prima di aver utilizzato tutto il reddito risparmiato?
L’altro longevity risk - Un problema di ottimizzazione
Esiste un rischio che è l’altra faccia del longevity risk e il suo contrario, ossia far sopravvivere la propria ricchezza a sè stessi.
In questo caso, il rischio a cui si va incontro è di non trarre valore dalla propria ricchezza, è di non utilizzare al meglio i propri - sudati - guadagni.
Lavorereste gratis? E se vi dicessero che lo avete fatto?
Considerato che ogni euro che guadagniamo lo facciamo in funzione di impiegarlo in una attività in grado di generare, dal nostro personale e unico punto di vista, del valore. Ogni euro di cui non usufruiamo è una quantità equivalente di lavoro per la quale non si godrà dello sforzo fatto, come se si avesse lavorato senza esser stati pagati.
Scegliere di non consumare significa non massimizzare il valore del proprio risparmio, e di conseguenza anche del proprio lavoro. Spendere, donare, lasciare un’eredità o altro, la domanda da porsi è come e quando impiegare il denaro per ottenerne il massimo.
The business of life is the acquisition of memories. In the end that's all there is.” ― Carson of Downton Abbey.
Il valore del denaro
Il valore del denaro non è lo stesso nel tempo e l’utilità che posso trarne è diversa a seconda che io sia nei 30 anni, nei 50 anni o nei 70 anni. Generalmente il consumo diminuisce con l’avanzare dell’età - pensate quanto sia possibile per un 70enne fare una settimana di snorkeling nel mar Rosso o un weekend di intense sciate sulle Alpi!
E non è solo la capacità di consumare a diminuire nel tempo, è l’utilità stessa del denaro. Da anziani si trae maggior piacere e comfort da cose più semplici e meno costose. Se non riesco a spendere nel momento giusto, o non riesco a spendere affatto, non avrò ottimizzato il valore dai miei risparmi.
Ecco che, dunque, per trarre il massimo valore dal mio lavoro, dovrò ottimizzare anche come dispongo del denaro, non soltanto come lo investo e risparmio.
Se desidero effettuare una donazione, meglio farla subito e vederne l’impatto, se desidero lasciare in eredità ai figli parte del mio patrimonio, meglio farlo quando questo ha il massimo effetto nella loro vita.
Visti i dati, la parte della popolazione che ha accumulato ricchezza non pianifica queste scelte, aspettando che a decidere sia il caso.
Cosa fare?
Come incentivare passaggi ereditari o effettuare donazioni al momento opportuno? La soluzione non sta nelle politiche fiscali (innalzamento delle imposte di successione o cambiamenti nelle detrazioni), bensì nella pianificazione.
Non aspettare che il tempo passi senza godere fino in fondo del proprio reddito, delle proprie scelte e del valore che le esperienze possono generare è la cosa da fare. Scegliere e pianificare.
Come ottimizzare le proprie decisioni finanziarie, come ottenere il massimo dal proprio reddito e quindi dal proprio lavoro. Queste sono le domande giuste da porsi.
Living not just saving.